Le plusvalenze o minusvalenze ottenute dalla vendita di oro e altri metalli preziosi sono soggette a una imposta sostitutiva del 26%, da indicare nel quadro RT del Modello Redditi. Sono previsti obblighi di monitoraggio nel caso di detenzione diretta all’estero secondo quanto specificato nel quadro RW, con esclusione dall’obbligo di versare l’IVAFE.
La legislazione italiana impone la tassazione sulle vendite di metalli preziosi, a condizione che si tratti di materiale grezzo (come polveri, grani, lamine, lingotti, ecc.) o monete. Al contrario, non è prevista la tassazione sulla vendita di oro usato se presentato sotto forma di oggetti di oreficeria o gioielleria.
Per quanto riguarda le monete d’oro, l’obbligo fiscale si applica ai sensi della lettera c-ter), comma 1, dell’articolo 67 del DPR n. 917/86 (TUIR). La tassazione non si applica, invece, ai gioielli, come specificato anche nella Circolare n. 165/E/1998 dell’Agenzia delle Entrate, in quanto solo i metalli preziosi lavorati (cioè i gioielli) sono esclusi dall’IRPEF, mentre rimangono tassabili quelli allo stato grezzo e quelli monetati.
Gli articoli 67 e 68 del TUIR, che regolano i cosiddetti “redditi diversi”, stabiliscono che le plusvalenze o minusvalenze derivante dalla vendita di specifici metalli preziosi debba essere dichiarata ai fini fiscali. In questo approfondimento, esploreremo come si applica questa normativa e quali sono gli obblighi di monitoraggio fiscale, prestando particolare attenzione alla presenza o meno di un intermediario finanziario residente nell’operazione.
Come viene tassata la compravendita di metalli preziosi in Italia?
La tassazione dei metalli preziosi in Italia è regolamentata dall’articolo 67, comma 1, del TUIR, che stabilisce che le operazioni di compravendita di metalli preziosi o oro da investimento sono considerate operazioni finanziarie capaci di generare plusvalenze o minusvalenze. Secondo l’Amministrazione finanziaria, queste plusvalenze o minusvalenze devono essere soggette a una imposta sostitutiva dell’IRPEF.
Il calcolo delle plusvalenze e delle minusvalenze si ottiene dalla differenza tra il corrispettivo ricevuto per la vendita e il costo di acquisto del bene. Le operazioni di acquisto e vendita di tali beni devono essere riportate annualmente dai contribuenti nel quadro RT – sezione II “Plusvalenze di natura finanziaria” del modello Redditi Persone Fisiche. La compilazione di questa sezione del modulo è necessaria per assoggettare a tassazione le plusvalenze realizzate ai fini delle imposte dirette. Vediamo quindi come si procede nel calcolo dell’imposta applicabile alle plusvalenze derivanti dalla compravendita di metalli preziosi e oro.
Come viene calcolata la base imponibile delle plusvalenze o minusvalenze?
L’articolo 68, comma 6 del TUIR stabilisce che le plusvalenze o minusvalenze, menzionate nelle lettere c-ter e c-quater, devono essere calcolate come segue:
La base imponibile, che deve essere indicata nella dichiarazione dei redditi all’interno del quadro RT, si determina dalla differenza tra:
1. Il corrispettivo pattuito per la cessione del metallo
2. Il valore di acquisto del metallo, incrementato di tutti gli oneri accessori necessari per la sua acquisizione. Qui sono incluse le eventuali imposte di successione o donazione e spese notarili. Sono esclusi gli interessi passivi.
Per garantire una corretta determinazione delle plusvalenze e minusvalenze, è essenziale conservare tutta la documentazione relativa all’acquisto dei metalli durante il periodo di accertamento fiscale. Questo generalmente si conclude il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi. In assenza di questa documentazione, le plusvalenze o minusvalenze generate sono soggette a una tassazione forfettaria, con una base imponibile pari al 25% del corrispettivo della cessione, come indicato dall’articolo 68, comma 7, lettera d del TUIR. È importante sottolineare che questa non è una scelta facoltativa, ma un obbligo nel caso in cui manchino i documenti di acquisto.
Per la determinazione della base imponibile, si deve applicare il principio LIFO (last in, first out), secondo il quale si considerano venduti per primi i metalli acquistati più recentemente, a meno che non si possa dimostrare che sono stati venduti metalli acquistati in una data precedente (articolo 67, comma 1-bis del DPR n. 917/86).
Esempi di calcolo della plusvalenza
Esempio 1 – Calcolo della plusvalenza con valori documentati:
Supponiamo che un contribuente acquisti un lingotto d’oro per 2.000 euro e lo venda dopo due anni per 3.500 euro. La plusvalenza, pari a 1.500 euro, è la differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisto e deve essere tassata al 26%.
Esempio 2 – Calcolo della plusvalenza in assenza di documentazione d’acquisto:
Se un contribuente vende un lingotto d’oro per 2.000 euro ma non ha la fattura, la base imponibile si presume essere il 25% del prezzo di vendita, ovvero 500 euro.
Esempio 3 – Applicazione del criterio LIFO:
Analizziamo un caso di acquisto e vendita di metalli preziosi applicando il metodo LIFO per determinare la plusvalenza derivante dalla vendita.
Minusvalenze e compensazione
È possibile compensare le plusvalenze con le minusvalenze derivanti da altre categorie di “redditi diversi”. Se le minusvalenze superano le plusvalenze nel medesimo periodo fiscale, l’eccedenza può essere riportata avanti fino a un massimo di quattro anni. Non è possibile compensare le minusvalenze e plusvalenze di redditi diversi con quelle derivanti da redditi di capitale.
Con queste informazioni, potete ora comprendere e gestire al meglio la documentazione fiscale. Se doveste avere domande, non esistate a contattarci!